Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri patrocinato ex lege, dall'Avvocatura  generale
dello Stato, (C.F. 80224030587, per il  ricevimento  degli  atti  fax
06-96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i  cui
uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 domicilia; 
    nei confronti della Regione Sicilia  in  persona  del  Presidente
p.t. per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
legge regionale Siciliana n. 13 del 19 luglio 2019 pubblicata nel BUR
n. 29 del 26  luglio  2019  recante  «Disposizioni  programmatiche  e
correttive per l'anno 2019. Legge di  stabilita'  regionale»,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 19 settembre 2019. 
    La legge regionale suindicata e'  costituzionalmente  illegittima
rispetto alle previsioni degli articoli 4, commi 1 e 2, 13, 5, 6, 12,
15, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) L'art. 4, commi 1 e 2, viola l'art.  117,  II  comma,  lettera  e)
della Costituzione. 
    La disposizione regionale teste'  epigrafata  laddove  stabilisce
l'obbligo per le statuizioni appaltanti di utilizzare il criterio del
minor prezzo nelle fattispecie ivi contemplate, si pone  in  evidente
contrasto con le previsioni di cui agli articoli 95 e 36 del  decreto
legislativo  n.  50/2016  e  successive  modifiche  che,   viceversa,
demandano  alle  singole  stazione  appaltanti  l'individuazione  del
criterio. 
    Sempre l'art. 4, ai commi 1, dal secondo periodo in poi, e  comma
2, in presenza del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, detta
una disciplina del metodo di calcolo della soglia di  anomalia  delle
offerte contrastante con la disciplina di cui all'art. 97, commi 2  e
2-bis, e 2-ter del decreto legislativo n.  50/2016,  come  modificato
dalla legge 147 giugno  2019,  n.  55,  incidendo  su  un  ambito  di
competenza esclusiva dello Stato, atteso che il legislatore, ai sensi
del citato comma 2-ter  ha  attribuito  espressamente  allo  Stato  -
Ministero delle infrastrutture e dei  trasporti  -,  la  facolta'  di
«procedere con  decreto  alla  rideterminazione  delle  modalita'  di
calcolo per l'individuazione della soglia di anomalia»,  al  fine  di
non rendere nel tempo predeterminatili dagli offerenti i parametri di
riferimento per il calcolo della stessa. 
    A  tal  proposito,  secondo  la   giurisprudenza   costituzionale
consolidata, la disciplina codicistica  relativa  alle  procedure  di
selezione e ai criteri di aggiudicazione e' strumentale  a  garantire
la  tutela  della  concorrenza,  con  la  conseguenza  che  anche  le
autonomie speciali titolari di competenza legislativa primaria  nella
materia dei  lavori  pubblici  non  possono  dettare  una  disciplina
suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato. Cio'
vale pure per le norme aventi ad oggetto la valutazione delle offerte
anomale, anche se relative agli appalti sotto la soglia di  rilevanza
comunitaria. 
    Seppure ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera g) dello  Statuto
speciale  di  autonomia,  la  Regione  Sicilia  gode  di   competenza
legislativa esclusiva in materia di «lavori pubblici,  eccettuate  le
grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale», detta
competenza, tuttavia, deve sempre esercitarsi «nei limiti delle leggi
costituzionali dello Stato». 
    Come affermato dalla costante  giurisprudenza  costituzionale  in
materia di appalti, gli aspetti relativi alle procedure di  selezione
e ai criteri di aggiudicazione, sono riconducibili nell'ambito  della
tutela della concorrenza (tra le molte, sentenze n. 45 del  2010;  n.
186 del 2010; n. 221 del 2010; n. 320 del 2008; n. 401 del 2007),  di
esclusiva competenza del legislatore statale che ha titolo a porre in
essere una disciplina integrale e dettagliata dei richiamati aspetti,
e come tale uniforme su tutto il territorio nazionale  senza  che  il
legislatore delle regioni, anche a statuto speciale e delle  province
autonome, possa prevedere  in  materia  una  disciplina  difforme  da
quella statale. 
    La previsione regionale in parola dunque eccede dalle  competenze
regionali,   risultando   invasiva   della    competenza    esclusiva
riconosciuta allo Stato dall'art. 117, secondo comma lettera e) della
Costituzione in materia di tutela della concorrenza. 
    La distinzione poi tra appalti sotto soglia e  sopra  soglia  non
costituisce utile criterio ai fini dell'identificazione  delle  norme
statali strumentali a  garantire  la  tutela  della  concorrenza,  in
quanto  tale  finalita'  puo'  sussistere  in  riferimento  anche  ai
contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina
stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra
l'altro, «il rispetto dei principi generali  di  matrice  comunitaria
stabiliti nel  Trattato  e,  in  particolare,  il  principio  di  non
discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in  esame,
Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06)» (sentenza n.
160 del 2009). 
    Peraltro, le suddette disposizioni  dell'art.  4,  commi  1,  dal
secondo periodo in poi, e comma 2, stabiliscono una disciplina simile
a quella dettata all'art. 1 della legge della  Regione  siciliana  10
luglio 2015,  n.  14  (recante  modifiche  all'art.  19  della  legge
regionale 12 luglio 2011, n. 12) dichiarata illegittima  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n.  263  del  2016:  con  tale  ultima
sentenza  codesta  Suprema  Corte  ha  ribadito   che   la   potesta'
legislativa regionale esclusiva in materia di lavori pubblici  rimane
perimetrata dai limiti derivanti dalle norme di rango costituzionale,
dai principi generali dell'ordinamento giuridico statale, dalle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblca e  dagli
obiettivi internazionali, sicche' la tutela della concorrenza ex art.
117, comma secondo, lettera e), Cost. rende  evidente  la  natura  di
parametro interposto delle norme del Codice  dei  contratti  pubblici
riempiendo di contenuto i limiti statutari alla potesta'  legislativa
regionale in tema di lavori pubblici. 
2) L'art.  13  viola  il  regolamento  (CE)  n.  1370/2007,  art.  8,
paragrafo 2, l'art. 117, comma I e II, lettera e) della Costituzione,
l'art. 17 dello Statuto regionale. 
    La disposizione, intitolata «Proroga contratti trasporto pubblico
locale», differisce di un triennio la durata  delle  concessioni  dei
servizi  di  trasporto  pubblico  locale   attualmente   in   essere,
trascurando che, per  disposizione  dell'art.  8,  paragrafo  2,  del
regolamento  (CE)  n.  1370/2007,  la  data  del  3   dicembre   2019
costituira' il termine di chiusura  del  periodo  transitorio  ed  il
limite ultimo  accordato  agli  Stati  membri  per  conformarsi  alle
disposizioni dettate dall'art. 5  in  materia  di  gare  di  appalto,
finalizzate all'individuazione dei  gestori  dei  trasporto  pubblico
locale di passeggeri. 
    Entro tale data, di conseguenza, l'aggiudicazione  dei  contratti
del trasporto locale dovra' tassativamente  avvenire  con  l'adozione
delle modalita'  richieste  dall'art.  5,  paragrafo  3,  del  citato
regolamento: «procedura di gara equa, aperta a tutti  gli  operatori»
nel rispetto dei «principi di trasparenza e di non discriminazione». 
    La  proroga  per  un   ulteriore   triennio   delle   concessioni
attualmente in esecuzione, disposta d'autorita' e senza l'attivazione
dei prescritti bandi di selezione, ed il conseguente superamento  del
termine ultimo del 3 dicembre 2019 determinano, pertanto,  situazioni
di palese contrasto con la vigente disciplina europea. 
    Un implicito riconoscimento di quanto sin qui  affermato  arriva,
del resto, dallo stesso legislatore siciliano, il quale, in occasione
della precedente proroga, disposta ai sensi dell'art. 15 della  legge
regionale n. 8 del 9 maggio 2017, nel riconoscere l'obbligo di indire
specifiche gare di appalto per l'assegnazione di future  concessioni,
individuava la possibilita' di un ultimo rinvio, che,  comunque,  non
avrebbe potuto superare il termine perentorio del  3  dicembre  2019,
fissato dalle norme europee: «Al  fine  di  completare  le  attivita'
propedeutiche necessarie  per  l'indizione  dei  bandi  di  gara  per
l'aggiudicazione  dei  servizi  minimi  la  scadenza   dei   relativi
contratti e'  prorogata  al  termine  ultimo  previsto  dall'art.  8,
paragrafo 2, del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007». 
    A tale  riguardo,  un'ulteriore  proroga  non  e'  giustificabile
nemmeno ai sensi dell'art 5, paragrafo 5,  del  regolamento  (CE)  n.
1370/2007, secondo il quale: «L'autorita'  competente  puo'  prendere
provvedimenti di emergenza in caso di interruzione del servizio o  di
pericolo imminente di  interruzione.  I  provvedimenti  di  emergenza
assumono la forma di un'aggiudicazione diretta  di  un  contratto  di
servizio pubblico o di una proroga consensuale  di  un  contratto  di
servizio pubblico oppure di un'imposizione  dell'obbligo  di  fornire
determinati servizi pubblici...  I  contratti  di  servizio  pubblico
aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza  o  le  misure
che impongono di stipulare un contratto  di  questo  tipo  hanno  una
durata non superiore a due anni». 
    La condizione posta dalla norma  comunitaria  per  l'adozione  di
provvedimenti d'urgenza di tal sorta - da considerarsi  comunque  del
tutto eccezionali - consiste infatti  nell'accadimento  di  un  fatto
straordinario e non  preventivabile,  idoneo  ad  arrecare  rilevanti
ripercussioni negative sull'efficienza del trasporto pubblico locale,
con notevoli danni all'utenza. 
    Invero, nella fattispecie della legge  regionale  in  esame,  non
solo non sono ravvisabili situazioni di emergenza che autorizzino  la
proroga delle attuali concessioni in maniera irrituale,  cioe'  senza
l'indizione di apposite procedure di gara, ma anche nel caso  in  cui
una situazione di eccezionalita' dovesse essere individuata, la norma
in questione esclude espressamente, in ogni  caso,  che  i  contratti
cosi' stipulati possano avere durata superiore a due anni. Per  tutte
le ragioni sopra esposte, quindi, l'art.  13  della  legge  in  esame
confligge con le disposizioni del regolamento (CE) n.  1370/2007,  in
cio' violando l'art. 117, comma primo, della Costituzione che  impone
il  rispetto  dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario;
inoltre, non contemplando l'indizione di regolari gare d'appalto,  si
pone in contrasto anche con  la  disciplina  vigente  in  materia  di
concorrenza e quindi viola l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e)
della Costituzione. 
    Al riguardo, su questione analoga  si  e'  pronunciata  la  Corte
costituzionale con la  sentenza  n.  2  del  2014:  «Ugualmente,  con
espresso riferimento a possibilita' di rinnovi o proroghe automatiche
di contratti in concessione relativi al  trasporto  pubblico  locale,
questa Corte ha reiteratamente affermato che  non  e'  consentito  al
legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica
delle concessioni alla loro scadenza - in contrasto con i principi di
temporaneita' e di apertura alla concorrenza - poiche', in tal  modo,
dettando  vincoli  all'entrata,  verrebbe  ad  alterare  il  corretto
svolgimento della concorrenza  nel  settore  del  trasporto  pubblico
locale, determinando una  disparita'  di  trattamento  tra  operatori
economici  ed  invadendo  la  competenza  esclusiva  del  legislatore
statale  di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e)  della
Costituzione.  E   stata,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale di disposizioni regionali,  le  quali  prevedevano  la
possibilita' di  proroghe  automatiche  dei  contratti  di  trasporto
pubblico locale (sentenza n. 123 del 2011), ovvero il mantenimento di
affidamenti preesistenti in capo agli stessi concessionari di servizi
di trasporto pubblico locale, oltre il termine  ultimo  previsto  dal
legislatore statale per il passaggio al nuovo sistema di  affidamento
di tali servizi tramite procedure concorsuali  (sentenza  n.  80  del
2011)». 
    Sul tema, infine, e' opportuno richiamare l'ulteriore e specifico
precedente dell'ordinanza n.  304/2008  della  Corte  costituzionale,
emessa in data 9 luglio 2008 con dichiarazione  di  cessazione  della
materia del contendere per il ritiro della norma impugnata. 
    La vertenza era stata originata dall'impugnazione  da  parte  del
Commissario dello Stato per la Regione siciliana dell'art. 31,  comma
2, della  delibera  legislativa  approvata  dall'Assemblea  regionale
siciliana il 26 gennaio  2008  (disegno  di  legge  n.  665-721-724),
recante «Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno  2008»,
che (gia' nel 2008) disponeva la proroga dei contratti  di  trasporto
passeggeri fino al 3  dicembre  2019  senza  alcun  «espletamento  di
procedure di evidenza pubbliche». 
    Infine, la disposizione regionale eccede anche  dalle  competenze
attribuite  alla  Regione  Sicilia  dallo  Statuto  speciale,  ed  in
particolare dalla competenza concorrente  in  materia  di  «trasporti
regionali 'l , attribuita alla  regione  dall'art.  17,  lettera  a),
dello Statuto. 
    Ne' puo'  valere  il  richiamo  della  sentenza  della  Corte  di
giustizia C-350/2017 del 21 marzo 2019 effettuato dagli organi  della
Regione Sicilia a sostegno della conformita' costituzionale dell'art.
13 della legge in esame. 
    Quanto dedotto dalla regione - secondo cui  le  disposizioni  del
regolamento (CE) n. 1370/2007 diverrebbero  cogenti  solo  a  partire
dalla data del 3 dicembre 2019 - sembra suffragato dal  paragrafo  53
della citata pronuncia: «L'art.  5  e  l'art.  8,  paragrafo  2,  del
regolamento n. 1370/2007 devono essere  interpretati  nel  senso  che
l'art. 5 di tale regolamento non e' applicabile a un procedimento  di
aggiudicazione  svoltosi  prima  del  3  dicembre   2019,   cosicche'
un'autorita' competente che, mediante una decisione di aggiudicazione
conclusiva di una procedura di gara, attribuisca prima di  tale  data
un contratto di concessione di  un  servizio  pubblico  di  trasporto
locale di passeggeri su strada non e' tenuta a  conformarsi  a  detto
art. 5». 
    Per espresso riconoscimento della Corte di giustizia, quindi,  il
citato regolamento dovrebbe avere sul punto  piena  applicazione  tra
poco piu' di due mesi. E', tuttavia,  evidente  che  le  affermazioni
della Corte si riferiscono a fattispecie nelle quali si sia pervenuti
ad una aggiudicazione dei servizi in questione a conclusione «di  una
procedura di gara». 
    Ad ogni modo, in  attesa  che  il  predetto  regolamento  spieghi
completamente  i  suoi  effetti  si  dovrebbe   continuare   a   fare
riferimento  al   consolidato   orientamento   della   giurisprudenza
costituzionale, secondo il  quale  la  materia  dell'affidamento  dei
servizi di trasporto pubblico locale rientra nella sfera di esclusiva
competenza statale relativa alla tutela della concorrenza. 
    A  tal  riguardo,  si  ripropone  il  richiamo  alla  sopracitata
sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2014,  nella  quale,  al
punto 2.2, vengono sintetizzate con efficacia le  argomentazioni  che
qui interessano: 
        «2.2.- La disciplina  delle  modalita'  dell'affidamento  dei
servizi  pubblici  locali  di  rilevanza  economica  e',  quindi,  da
ricondurre alla materia della tutela della concorrenza, di competenza
legislativa esclusiva  dello  Stato,  ai  sensi  del  comma  secondo,
lettera e), dell'art. 117 della Costituzione, tenuto conto della  sua
diretta incidenza sul mercato e "perche' strettamente funzionale alla
gestione unitaria del servizio" (ex  plurimis:  sentenze  n.  46  del
2013; n. 62 e n. 32 del 2012; n. 339, n. 320, n. 187  e  n.  128  del
2011; n. 325 del 2010). Lo scrutinio di  legittimita'  costituzionale
va, pertanto, effettuato con riferimento alla copiosa  giurisprudenza
relativa a questa materia. 
        2.2.1.- Anche recentemente questa Corte, con la  sentenza  n.
173 del 2013 dichiarando l'illegittimita' costituzionale di una norma
della Regione Liguria che prevedeva, in tema  di  demanio  marittimo,
una  proroga  automatica  delle  concessioni  gia'  esistenti   senza
fissazione di un termine di durata - ha ribadito che «il rinnovo o la
proroga automatica delle concessioni viola l'art. 117,  primo  comma,
Cost.,  per  contrasto  con  i  vincoli  derivanti   dall'ordinamento
comunitario in tema di liberta' di stabilimento  e  di  tutela  della
concorrenza, determinando altresi' una disparita' di trattamento  tra
operatori economici, in  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il
demanio marittimo non hanno  la  possibilita',  alla  scadenza  della
concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso
in cui questi non chieda la proroga  o  la  chieda  senza  un  valido
programma di  investimenti.  Al  contempo,  la  disciplina  regionale
impedisce l'ingresso di  altri  potenziali  operatori  economici  nel
mercato,  ponendo  barriere  all'ingresso,  tali   da   alterare   la
concorrenza». 
    Ugualmente, con espresso riferimento a possibilita' di rinnovi  o
proroghe  automatiche  di  contratti  in  concessione   relativi   al
trasporto pubblico locale, questa Corte ha  reiteratamente  affermato
che non  e'  consentito  al  legislatore  regionale  disciplinare  il
rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro  scadenza
- in contrasto con i principi di temporaneita'  e  di  apertura  alla
concorrenza - poiche', in tal  modo,  dettando  vincoli  all'entrata,
verrebbe ad alterare il corretto svolgimento  della  concorrenza  nel
settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparita' di
trattamento  tra  operatori  economici  ed  invadendo  la  competenza
esclusiva del legislatore statale di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera e) della Costituzione. 
    E' stata, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale di
disposizioni regionali,  le  quali  prevedevano  la  possibilita'  di
proroghe automatiche  dei  contratti  di  trasporto  pubblico  locale
(sentenza n. 123 del 2011), ovvero  il  mantenimento  di  affidamenti
preesistenti  in  capo  agli  stessi  concessionari  di  servizi   di
trasporto pubblico  locale  oltre  il  termine  ultimo  previsto  dal
legislatore statale per il passaggio al nuovo sistema di  affidamento
di tali servizi tramite procedure concorsuali  (sentenza  n.  80  del
2011). 
    2.22.- Di conseguenza, e'  solo  con  l'affidamento  dei  servizi
pubblici locali  mediante  procedure  concorsuali  che  si  viene  ad
operare una effettiva apertura di  tale  settore  e  a  garantire  il
superamento di assetti monopolistici.  In  particolare,  si  e'  piu'
volte sottolineato al riguardo che «la disciplina delle procedure  di
gara,  la  regolamentazione  della  qualificazione  e  selezione  dei
concorrenti,  delle  procedure  di  affidamento  e  dei  criteri   di
aggiudicazione mirano a garantire che le  medesime  si  svolgano  nel
rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari  della
libera  circolazione  delle  merci,  della  libera  prestazione   dei
servizi,  della  liberta'  di  stabilimento,  nonche'  dei   principi
costituzionali di trasparenza  e  parita'  di  trattamento.  La  gara
pubblica,  dunque,  costituisce  uno  strumento  indispensabile   per
tutelare e promuovere la concorrenza (sentenze n. 401 del 2007 e n. 1
del 2008)» (sentenza n. 339 del 2011). 
3) L'art. 5 viola l'art. 81, III comma della Costituzione. 
    Con detta norma il legislatore regionale autorizza il  ragioniere
generale  a   praticare   finanziamenti   in   favore   delle   ritta
metropolitane e dei liberi consorzi  comunali.  Specificamente  detto
ragioniere  e'  autorizzato  ad   attivarsi   per   l'attualizzazione
dell'importo massimo di 250 milioni di euro attribuiti  alla  regione
dall'art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018, da destinare  ai
liberi  consorzi  e  alle  citta'  metropolitane  per  le  spese   di
manutenzione straordinaria di strade e  scuole.  Inoltre,  stabilisce
che fino al 20 per  cento  di  tali  somme  attribuite  possa  essere
utilizzato per il pagamento di rate di  mutui  gia'  accesi.  Infine,
prevede che gli oneri derivanti da tale operazione per ciascuno degli
esercizi finanziari dal 2021 al 2025 siano  coperti  a  valere  sulle
somme di cui al citato comma 883, per il  rimborso  sia  della  quota
capitale che della quota interessi «nell'esercizio finanziario 2021».
Al riguardo, nel premettere  che  non  si  comprende  il  riferimento
all'esercizio finanziario 2021, si evidenzia che la  disposizione  in
esame contrasta con lo spirito della norma statale, volta, invece,  a
favorire nuovi  investimenti  comportando  un  impatto  negativo  sul
debito e sull'indebitamento netto. Pertanto, si rileva  un  contrasto
con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. 
3) L'art. 6 viola l'art. 117, terzo comma della Costituzione. 
    Con detta norma si intende perseguire  la  finalita'  di  ridurre
l'impatto finanziario sul sistema sanitario regionale delle norme  di
cui all'art. 6 della legge regionale n. 3/2016,  che  hanno  posto  a
carico del Fondo sanitario gli oneri del mutuo sottoscritto ai  sensi
dell'art. 22, comma 46, della legge  n.  244/2007  tra  il  Ministero
dell'economia e la Regione siciliana, di talche' la giunta  regionale
dovrebbe promuovere un  piano  straordinario  di  valorizzazione  e/o
dismissione del  patrimonio  immobiliare  disponibile  delle  aziende
sanitarie, da attuare anche mediante conferimenti a fondi immobiliari
esistenti. Prevede, inoltre, che le aziende sanitarie,  entro  il  31
dicembre 2019, definiscano  la  ricognizione  e  la  valutazione  del
patrimonio immobiliare  non  strettamente  destinato  alle  attivita'
sanitarie, oggetto del predetto piano straordinario. 
    Si evidenzia preliminarmente che i tavoli tecnici di verifica del
Piano di rientro dai deficit sanitari hanno piu' volte  rappresentato
che il richiamato art. 6 della legge regionale 17 marzo  2016,  n.  3
non e' coerente con l'accordo per il piano  di  rientro  sottoscritto
dal Presidente della Regione Siciliana con il Ministro  della  salute
ed il Ministro dell'economia e delle finanze il 31  luglio  2007.  In
tali termini l'onere corrente posto in  capo  al  Servizio  sanitario
regionale per  il  pagamento  della  rata  del  mutuo  della  Regione
Siciliana, al fine di non compromettere la  corretta  erogazione  dei
livelli essenziali di assistenza (LEA),  e'  stato  sterilizzato  nel
periodo 2016-2018, su richiesta dei predetti tavoli tecnici, mediante
il conferimento ex ante di una provvista finanziaria corrente di pari
importo a valere sulla  leva  fiscale  regionale.  In  tali  termini,
sempre ai fini della garanzia dell'erogazione dei LEA,  il  risultato
di gestione corrente e' stato bilanciato da  un'entrata  corrente  di
importo equivalente. Cio' premesso, la norma in esame ha lo scopo  di
attenuare l'onere del mutuo posto in capo al  risultato  di  gestione
corrente  mediante  il  conferimento  di  un'eventuale   entrata   da
dismissione immobiliare del patrimonio immobiliare disponibile  degli
enti del Servizio sanitario regionale siciliano. Peraltro a decorrere
dal 1 gennaio 2012 il decreto legislativo n. 118/2011, dispone che le
vendite di patrimonio immobiliare delle aziende del SSR  non  possano
essere portate a copertura dei disavanzi di gestione,  in  quanto  le
stesse devono essere trattate contabilmente secondo  quanto  previsto
dall'art. 29, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo. 
    Pertanto, l'art. 6 si pone in contrasto con l'art. 29,  comma  1,
lettera c), del decreto legislativo n. 118/2011, in quanto stabilisce
che il provento di  tale  alienazione  immobiliare  sia  destinato  a
coprire un  onere  corrente  posto  in  capo  al  Servizio  sanitario
regionale dalla legge n. 3/2016. In tali termini l'art. 6 si pone  in
contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    In via ulteriore si rappresenta che i tavoli tecnici  hanno  piu'
volte richiesto alla  Regione  Siciliana  l'abrogazione  dell'art.  6
della legge regionale n. 3/2016, ovvero il conferimento  ex  ante  di
una provvista finanziaria corrente tale da bilanciare l'effetto della
legge regionale n. 3/2016 e non  distogliere  le  risorse  necessarie
alla garanzia dei LEA, cosi' come previste dal  fabbisogno  sanitario
standard. I proventi derivanti da  vendite  immobiliari  non  possono
essere utilizzati per garantire l'equilibrio  corrente  in  quanto  a
norma di legge il provento viene obbligatoriamente  iscritto  in  una
riserva  del  patrimonio  netto,  senza  influenzare   il   risultato
economico dell'esercizio. 
5) L'art. 12 viola gli articoli 117, II comma lettera  e)  e  81  III
comma della Costituzione. 
    Con detta disposizione che apportano modifiche all'art.  4  della
legge regionale n. 21/2018 concernente «assestamento del bilancio  di
previsione  per  l'esercizio  finanziario  2018  e  per  il  triennio
2018-2010», rideterminando l'ulteriore disavanzo al 31 dicembre  2017
ed il relativo ripiano degli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021. 
    Al riguardo, nel premettere che tale disposizione  contrasta  con
il  principio  di  annualita'  del  bilancio,  in  quanto  interviene
sull'esercizio finanziario 2018 gia' chiuso, si rileva quanto segue: 
        il comma 1, lettera a), che ridetermina l'ulteriore disavanzo
in euro 2.143.208.802,38,  non  risulta  coerente  con  il  comma  1,
lettera  b)  e  lettera  c),  che  disciplina  il  relativo   ripiano
nell'ammontare complessivo di euro 2.202.865.575,46; 
        il comma 1, lettera b), prevede che  il  disavanzo  derivante
dalla gestione dell'esercizio  2017  sia  recuperato  negli  esercizi
2018, 2019, 2020 e 2021, in attuazione della  delibera  della  giunta
regionale n. 30 del 2019, che modifica il precedente piano di rientro
dal disavanzo previsto negli anni 2018, 2019 e 2020. Tale  previsione
risulta in contrasto con l'art. 42, comma 12, del decreto legislativo
n. 118 del 2011, in quanto interviene a  valere  sul  bilancio  2021,
esercizio  non  considerato  nel  bilancio  di  previsione  2018/2020
approvato con la legge regionale di bilancio 2018; 
        il comma 1, lett, d), prevede la copertura di oneri  mediante
l'utilizzo   delle   maggiori   risorse   rese   disponibili    dalla
rimodulazione del ripiano del disavanzo di cui alla  citata  delibera
n. 30. Tali risorse di fatto non trovano riscontro  nel  bilancio  in
quanto correlate alla previsione di minori quote annuali di disavanzo
da recuperare deliberate in contrasto con la  disciplina  armonizzata
di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011. 
    Per quanto rappresentato, l'articolo in esame e' in contrasto con
gli articoli 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo comma, della
Costituzione. 
6) L'art. 15 viola gli articoli 117, II comma lettera e)  e  81,  III
comma della Costituzione. 
    Le disposizioni regionali in materia di  variazione  al  bilancio
della regione esorbitano dalle competenze statutarie  previste  dallo
Statuto speciale, ponendosi in contrasto con  gli  articoli  117,  II
comma, lettera e) e 81, III comma della Costituzione. 
    E'  evidente  la  conseguenzialita'  delle  previsioni  racchiuse
nell'art. 15 rispetto alle precedenti disposizioni della stessa legge
censurate nel presente ricorso, per cui anche l'art. 15 non puo'  che
ritenersi costituzionalmente illegittimo.